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Ecco un primo assaggio della lussureggiante fantasia di George Miller Three Thousand Years of Longing

La studiosa Tilda Swinton incontra il djinn liberato Idris Elba – o almeno le sue gigantesche dita luminose in CG

Di tutte le cose che lo scrittore e regista George Miller è stato chiamato negli ultimi 40 anni della sua carriera, “prevedibile” non è nell’elenco. Spesso è difficile conciliare il fatto che lo stesso uomo che ha realizzato i film allegramente violenti di Mad Max – incluso l’amata stravaganza d’azione del 2015 Mad Max: Fury Road – ha anche diretto i film animati sui pinguini danzanti Happy Feet e Happy Feet Two, la famiglia profondamente strana -film sequel Babe: Pig in the City, l’adattamento letterario di John Updike Le streghe di Eastwick e il dramma storico candidato all’Oscar Lorenzo’s Oil.

Sebbene questi film abbiano un tono e una messa a fuoco sfrenati, potrebbe essere più facile prenderli tutti come lo stesso corpus di opere considerando che sono essenzialmente tutte favole. Alcuni sono rivolti più ai bambini e altri più agli adulti, ma in tutti i casi le storie di Miller riguardano ricerche mitiche e le persone che usano quelle ricerche per capire se stessi.

Il suo ultimo film, Tremila anni di nostalgia, è ovviamente più mitico degli altri. In un racconto adattato dal racconto di AS Byatt del 1994 “The Djinn in the Nightingale’s Eye”, la studiosa moderna Alithea (Tilda Swinton) libera accidentalmente un djinn in bottiglia (Idris Elba), che la regala tre millenni delle sue avventure, ama, e perdite. In netto contrasto con l’eccesso trattenuto e gli effetti pratici di Fury Road, Three Thousand Years of Longing è una stravaganza in CG, piena di voluttuose ambientazioni fantasy, strane creature fantastiche e sbiadita narrativa da favola.

In questa clip esclusiva, Alithea, del tutto impreparata, vede per la prima volta il djinn, che ha un po’ di difficoltà ad adattarsi alle dimensioni delle camere d’albergo del 21° secolo.

La scena è una traduzione molto letterale delle parole di Byatt nella storia, a parte il cambio di nome di Alithea:

E dalla bottiglia nelle sue mani uscì un brulicare, un’esalazione, una macchia scura in rapido movimento che emetteva un ronzio acuto e odorava di fumo di legna, di cannella, di zolfo, di qualcosa che avrebbe potuto essere incenso, di qualcosa quella non era in pelle, ma lo era? La nuvola scura si raccolse, si voltò e volò in un grande paisley o una virgola fuori dal bagno. Sto vedendo cose, pensò la dottoressa Perholt, seguendola, e scoprì che non poteva seguirla, perché la porta del bagno era bloccata da quello che lentamente intuì essere un piede enorme, un piede con cinque dita alto come lei, sormontato da unghie gialle e cornee, un piede incassato in una pelle color oliva, intrecciata d’oro, come pelle di serpente, non squamosa ma in qualche modo cotta…

Il piede iniziò a cambiare forma. Dapprima si gonfiò e poi diminuì un poco, tanto che Gillian avrebbe potuto stringerlo intorno, ma pensò che fosse più prudente non tentare. Adesso aveva le dimensioni di una grande poltrona, ed era tirata indietro, sempre in diminuzione, così che Gillian si sentì in grado di seguirla.

Miller omette prudentemente la parte che Byatt continua a descrivere, su come il massiccio djinn, piegato a disagio nella sua stanza, indossa una vestaglia corta che non copre i suoi genitali. O come, mentre si rimpicciolisce un po’ alla volta per adattarsi al suo letto, lascia la sua spazzatura fino all’ultimo, così a un certo punto è “quasi nascosto dietro il cumulo delle sue parti intime, che poi ha rimpicciolito e nascosto. Era quasi una forma di vanto”. Ora è mitico.

Tremila anni di nostalgia è nelle sale il 26 agosto.

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